Sono a Londra per lavoro per la prima volta dopo la lunga pausa imposta dalla pandemia e l'occasione è ghiotta per partecipare a un altro dei tanti Jack the Ripper tours della città. Questa volta cerco quello intitolato proprio Jack the Ripper tour perché so che tra le guide c'è anche il leggendario Paul Bennett, uno dei più esperti ripperologi del mondo. E poi è tanta la voglia di cancellare il brutto ricordo del tour Ripper Visions di qualche anno fa la cui guida ha proposto la teoria secondo cui William Gull sarebbe l'assassino.
La guida per il gruppo in cui mi trovo oggi si chiama Jeremy e appena gli nomino John Bennett mi indica che John è proprio lì a pochi metri da noi, non sarà la nostra guida stasera perché è impegnato in un tour privato ma comunque posso scambiare qualche parola con lui. Grazie a Jeremy mi presento a John Bennett, parliamo per qualche minuto mentre non mi sembra vero che uno dei miti della ripperologia è lì davanti a me che mi parla amichevolmente. Ottimo inizio!
Il tour parte alle 19 e si snoda tra i cinque punti dove le vittime canoniche sono state trovate, più altri luoghi di interesse tra cui l'antro dove è stato trovato il brandello di grembiule di Annie Chapman e il famoso graffito. Jeremy è bravissimo, si muove con maestria e dà spiegazioni chiare e convincenti sugli omicidi e sul contesto storico in cui si sono svolti, aiutando così la platea a capire meglio cosa è successo e quali erano le condizioni di vita di Whitechapel nell'epoca vittoriana.
Jeremy non si limita ad esporre i fatti, ma spesso anticipa le domande spiegando quali sono le teorie più note sull'identità o sulle motivazioni dell'assassino e perché molte di loro sono leggende metropolitane di bassa lega, in modo che se qualcuno dei partecipanti ricevesse commenti da propri conoscenti saprebbe come rispondere.
Il tour è davvero ottimo e sono molto felice di constatare che Jeremy stasera ha intrattenuto il suo pubblico grazie al suo racconto vivace da cui traspare la sua passione, ma ha anche fatto un'ottima lezione sulle gesta di uno dei serial killer più famosi della storia attenendosi ai fatti accertati, e le persone che hanno partecipato al tour possono andare a casa dopo aver imparato qualcosa di importante e aderente al vero in modo coinvolgente ed efficace; il tour infatti è durato due ore ma è sembrato durare poco più di dieci minuti.
L'esperienza è quindi stata del tutto positiva, il tour è adatto sia ai neofiti sia a chi già conosce l'argomento e sono già sicuro che rifarò questo tour o un altro di quelli offerti dalla stessa organizzazione la prossima volta che verrò da queste parti.
martedì 6 dicembre 2022
Jack the Ripper Tour - 5 dicembre 2022
mercoledì 9 novembre 2022
La teoria George Chapman
George Chapman, nato in polonia con il nome Seweryn Antonowicz Kłosowski, è uno dei più noti sospettati degli omicidi attribuiti a Jack lo Squartatore. Nato a Nagornik nel 1865, figlio di un carpentiere, si trasferì nel Regno Unito con ogni probabilità nel 1887; da una ricevuta di spese mediche rinvenuta dallo storico Philip Sugden si evince che nel febbraio del 1887 si trovava ancora in Polonia ma verso la fine dello stesso anno (o all'inizio del seguente) lavorava già a Londra come barbiere. Kłosowski assunse il nome anglofono con cui è conosciuto nel 1889 dopo essere andato a vivere con una donna chiamata Annie Chapman, che ovviamente è solo omonima della più celebre vittima dello Squartatore, di cui assunse il cognome.
Chapman era senza dubbio un serial killer, perché tra il 1897 e il 1902 uccise con il veleno tre donne che vivevano con lui e che spacciava per sue mogli, anche se l'unica moglie con cui contrasse un matrimonio legale era rimasta in Polonia e nonostante si fosse sposato anche in Inghilterra, senza prima sciogliere il legame matrimoniale in Polonia, con una donna di nome Lucie Badewski (alle volte scritto come Lucy Badewski). L'avvelenamento non era l'unico crimine di cui Chapman si era macchiato, era infatti violento con le donne che vivevano con lui che picchiava ripetutamente.
L'uomo fu arrestato nel nel 1902 da George Godley, che ebbe un ruolo di rilievo anche nelle indagini su Jack lo Squartatore, nell'ambito delle indagini sulla morte della sua ultima moglie. Dopo l'arresto furono riesumati i cadaveri delle due donne uccise precedentemente e dalle analisi emerse che tutte e tre furono uccise per avvelenamento. Ciò nonostante la condanna all'impiccagione, che la giuria emise in undici minuti, fu emessa solo per l'omicidio della terza moglie. Chapman e fu quindi impiccato nel 1903. Secondo quanto scritto da Philip Sugden nel suo volume The Complete History of Jack the Ripper, il detective Frederick Abberline riteneva che Chapman fosse in realtà Jack lo Squartatore e avrebbe detto a Godley You've got Jack the Ripper at last! (Hai catturato Jack lo Squartatore alla fine!). Abberline inoltre confermò la propria teoria, facendo esplicitamente il nome di George Chapman in due interviste rilasciate al Pall Mall Gazette nel 1903.
Secondo Sudgen, Chapman sarebbe il sospettato più probabile per la sua indole violenta e per i sospetti di Abberline, tuttavia lo stesso autore riconosce che la certezza è ben lontana. Pur prendendo per buona l'attribuzione che Sugden fa di quanto Abberline avrebbe detto a Godley, l'identificazione di George Chapman con Jack lo Squartatore presenta molti problemi. Anzitutto è altamente improbabile che un serial killer cambi il proprio modus operandi passando da attacchi brutali con arma da taglio al veleno; se è vero che i serial killer possono cambiare la propria modalità di azione, basti pensare a Richard Cottingham o Zodiac, nessun omicida seriale ha mai compiuto un cambio così radicale. Nel suo libro The Cases That Haunt Us l'ex agente speciale dell'FBI John Douglas è lapidario nel commentare It just doesn't happen that way in real life (semplicemente non succede così nella vita reale). In secondo luogo Jack lo Squartatore era con ogni probabilità un uomo che aveva difficoltà nel rapporti sessuali. Scrisse lo stesso John Douglas nel suo profilo dell'assassino:
Non è abile nell'incontrare persone a livello sociale e la maggior parte delle sue esperienze eterosessuali sarebbero con prostitute.e questa descrizione non combacia con quella di un uomo che ha avuto almeno sei donne di cui si abbia notizia da due delle quali, Annie Chapman e Lucie Badewski, ebbe anche dei figli. Un aspetto intrigante della candidatura di George Chapman come responsabile dei delitti di Whitechapel è che nel 1891 George e Lucie di trasferirono a Jersey City, nel New Jersey, dopo la morte del loro figlio avvenuta nel marzo dello stesso anno e che che il 24 aprile dello stesso anno la prostituta Carrie Brown fu uccisa nella città americana con modalità simili a quelle delle vittime di Jack lo Squartatore. Tuttavia, come ricostruito nel volume Ripper Notes: America Looks at Jack the Ripper del 2004, da un censimento risulta che il 5 aprile Chapman e la moglie vivevano ancora a Whitechapel, il che rende l'intero incastro di date molto improbabile.
Non sapremo purtroppo mai perché Abberline considerasse George Chapman il responsabile dei cinque omicidi avvenuti a Whitechapel nell'autunno del 1888, e sarebbe molto interessante saperlo perché in base a quanto oggi sappiamo è veramente improbabile che Chapman fosse Jack lo Squartatore.
sabato 1 ottobre 2022
Cronologia della teoria Aaron Kosminski/David Cohen
Testi dell'epoca Vittoriana
Il cognome Kosminski, senza un primo nome, appare per la prima volta nel Macnaghten Memorandum, ovvero un testo scritto nel 1894 dal vicecommissario della polizia metropolitana di Londra Melville Macnaghten e pubblicato dalla figlia nel 1959. Il testo era stato scritto in risposta a un articolo del Sun che indicava come possibile sospetto degli omicidi di Whitechapel Thomas Cutbush, il quale era stato arrestato nel 1891 per aver aggredito con un coltello due giovani donne ma che non era mai stato considerato un sospettato dalla polizia.
Macnaghten nel suo documento elencò tre sospettati tra cui Kosminski, di cui scrisse quanto segue:
Kosminski, un ebreo polacco, residente a Whitechapel. Quest'uomo impazzì a causa di troppi anni di vizi solitari. Serbava un grande odio per le donne, specialmente le prostitute e aveva forti tendenze omicide: fu rinchiuso in un ospedale psichiatrico attorno al marzo del 1889. Ci furono molte circostanze a riguardo di quest'uomo che lo resero un forte "sospettato"
Gli altri due sospettati elencati da Macnaghten erano Montague John Druitt e Michael Ostrog, verso i quali però gli indizi sono molto deboli. Nel 1910 il vicecapo della Metropolitan Police di Londra Robert Anderson pubblicò la propria autobiografia intitolata The Lighter Side of My Official Life nella quale scrisse relativamente alle indagini su Jack lo Squartatore:
E il risultato provò che la nostra diagnosi era giusta sotto ogni punto. Posso dire che gli “omicidi irrisolti” sono rari a Londra, e i crimini di “Jack lo Squartatore” non ricadono in questa categoria. E se la polizia qui avesse gli stessi poteri che ha la polizia francese, l’assassino sarebbe stato consegnato alla giustizia. [omissis] Nel dire che era un ebreo polacco sto semplicemente asserendo un fatto accertato. E le mia parole vogliono specificare una razza, non una religione. Perché farebbe infuriare qualunque sentimento religioso parlare della religione di una creatura ripugnante i cui vizi completamente innominabili lo hanno ridotto a un livello inferiore a quello dei bruti.
Dal testo di Anderson si evince quindi che, secondo i suoi ricordi, la polizia sapeva con certezza chi fosse l'assassino e dalla descrizione emerge che l'unico dei tre citati da Macnaghten che potesse combaciare con quanto riportato da Anderson era proprio Kosminki.
Negli anni 80 dello scorso secolo, quindi circa un secolo dopo gli omicidi di Whitechapel, emerse un altro documento fondamentale risalente all'epoca degli omicidi, una nota manoscritta a matita dall'ispettore capo Donald Swanson su una copia dell'autobiografia di Anderson in cui annotava:
...perché il sospettato era pure un ebreo [omissis] ...dopo che il sospettato è stato identificato alla Seaside Home dove è stato mandato da noi con difficoltà per l'identificazione, e lui sapeva di essere stato identificato. Al suo ritorno nella casa del fratello a Whitechapel veniva tenuto sotto osservazione dalla polizia giorno e notte. In breve tempo il sospettato, con le mani legate dietro la schiena, fu mandato alla Stepney Workhouse e dopo al Colney Hatch e morì poco dopo - Kosmisnki era il sospettato - DDS
confermando così che il sospettato di Anderson combaciava con il Kosminski di Macnaghten.
Le ricerche di Martin Fido negli anni 80
Fino agli anni 80 del ventesimo secolo di Kosminski era noto solo il cognome. L'autore e insegnante universitario Martin Fido cercò quindi negli archivi degli istituti psichiatrici nel tentativo di attribuire un nome al misterioso sospettato per la stesura del libro The Crimes, Detection and Death of Jack the Ripper. Fido non trovò nessuno con quel cognome, ma trovò negli archivi il nome di David Cohen che corrispondeva in parte alla descrizione di Anderson: l'uomo era un sarto di ventitré anni che era stato arrestato il 7 dicembre 1888 (poco dopo l'omicidio di Mary Jane Kelly) ed era morto nel 1889 durante la detenzione. Il problema era ovviamente che Cohen e Kosminski sono nomi completamente diversi.
L'autore continuò la propria ricerca e trovo il nome di un tale Nathan Kaminsky che era stato ricoverato in quanto malato di sifilide (aspetto che indicava la frequentazione di prostitute) nel marzo del 1888 e di cui si sono poi perse le tracce. Fido ipotizzò che David Cohen e Kaminsky fossero la stessa persona in base a un probabile errore di trascrizione, il personale incaricato di trascrivere il nome potrebbe aver capito Cohen invece di Kamin. In seguito Fido ipotizzo che David Cohen fosse un nome generico attribuito a chiunque avesse un nome troppo difficile per l'incaricato da trascrivere: una sorta di John Doe dell'epoca Vittoriana. Nella sua prima teoria, insomma, Fido ipotizzò che i funzionari dell'epoca confusero Kaminiski con Cohen e che Macnaghten scrisse per errore Kosminski anziché Kaminisky.
Dopo la pubblicazione del libro Fido proseguì le proprie ricerche estendendole ai registri fino al 1892 e trovò il nome di Aaron Kosminski che era stato rinchiuso nel Colney Hatch Lunatic Asylum, lo stesso di David Cohen e lo stesso menzionato nella nota di Swanson, nel febbraio del 1891. Kosmninski, stando alla data della propria reclusione, potrebbe quindi anche essere l'assassino di Alice McKenzie.
Non furono trovati altri detenuti con il cognome Kosminski e questo lascia pensare che Aaron fosse proprio il sospettato di cui scrisse Macnaghten, anche se esistono almeno tre problemi. Il primo è che Macnaghten scrisse che Kosminski fu rinchiuso in un manicomio nel 1889, mentre Aaron Kosminski fu rinchiuso due anni dopo; la causa della discrepanza può in questo caso essere un banale errore. In secondo luogo Aaron Kosminski non manifestò comportamenti violenti durante la sua detenzione, cosa che non combacerebbe con il profilo di un serial killer. Il terzo, e più importante, problema fu che Aaron Kosminski morì nel 1919 e quindi non combacia con il fatto che Swanson avesse scritto che il sospettato di Anderson era morto poco dopo essere stato rinchiuso; anche in questo caso può trattarsi di un errore.
A parte ciò, Aaron Kosminski corrisponde in gran parte a quanto scritto da Swanson per quanto riguarda la stazione di polizia in cui fu arrestato e gli ospedali in cui venne ricoverato. Inoltre corrisponde anche alle poche informazioni scritte da Macnagthen in quanto si trattava di un ebreo polacco, residente a Whitechapel e dedito a vizi solitari.
Negli stessi anni emerse dal registro di un tribunale, il Thames Police Court, un'accusa nel confronti di Aaron Davis Cohen, sarto di professione, che con ogni probabilità è la stessa persona indicata nei registri del Colney Hatch come David Cohen, escludendo con buona certezza che David Cohen e Nathan Kaminsky fossero la stessa persona.
Studi moderni
Nei decenni recenti i ripperologi si sono dedicati a ricostruire la vista di Aaron Kosminski con crescente attenzione, trattandosi di uno tra i più importanti sospettati per gli omicidi di Whitechapel. Tra i lavori recenti che hanno approfondito la figura di Kosminski si distinguono Jack the Ripper and the Case for Scotland Yard's Prime Suspect scritto nel 2011 dall'autore americano Robert House e The Whitechapel Murders of 1888: Another Dead End? di John Malcolm del 2019.
In un articolo del 2012 intitolato Rethinking Cohen and Kosminski pubblicato sul numero 129 della rivista online Ripperologist, Martin Fido ammette la possibilità che Aaron Kosminski, e non David Cohen, possa essere il sospettato di Anderson e Swanson, ritenendo però che se così fosse la polizia non aveva individuato lo Squartatore ma solo l'assassino di Elizabeth Stride, che non combacerebbe con il serial killer che ha ucciso le altre quattro.
martedì 8 febbraio 2022
La morte di Rose Mylett
Nella notte tra il 19 e il 20 dicembre del 1888, poco più di un mese dopo l'omicidio di Mary Jane Kelly, la prostituta Rose Mylett, nata nel 1859 con il nome di Catherine Millett o Mellett, fu trovata morta in Clarke's Yard, tra i numeri 184 e 186 di Poplar High Street nell'East End di Londra. Alle 19:55 del 19 dicembre, la donna fu vista da un infermiere notturno che lavorava presso il Poplar Union Infirmary di nome Charles Ptolomey proprio nella zona dove sarebbe stata trovata cadavere qualche ora dopo insieme a due marinai; Ptolomey la sentì dire "No, no no!" varie volte ai due uomini.
Varie ore dopo, tra l'1:45 e le 2:30 della notte, Alice Graves, una prostituta che conosceva Rose, la vide passare davanti al George pub, su Commercial Street, in compagnia di due uomini, non è noto se siano gli stessi con cui era poco prima delle 20 o altre persone. Alice riportò che Rose sembrava ubriaca e che faceva fatica a camminare, al contrario dei due uomini dei quali non era sicura se fossero in stato di ebbrezza come Rose. Da allora nessuno vide più Rose Mylett viva e alle 4:15 due poliziotti, il sergente Robert Golding e l'agente Barrett, la trovarono stesa a terra a circa trenta centimetri dal muro, appoggiata sul fianco sinistro con la guancia contro il pavimento, morta. Sulla scena intervenne il medico legale George James Harris che dichiarò la donna deceduta e autorizzò la rimozione del cadavere. All'obitorio il corpo venne esaminato dal dottor Curtain T. Chivers che rilevò dei segni sul collo che facevano supporre che Rose fosse morta per strangolamento. I medici legali Brownfield e Harris condussero l'autopsia il giorno seguente e confermarono che la causa della morte era con ogni probabilità lo strangolamento.
I due medici sostennero che Rose Mylett era stata uccisa intenzionalmente con una corda non più di quarantacinque minuti prima di essere rinvenuta cadavere e che, contrariamente alla testimonianza di Alice Graves, non aveva assunto alcol nelle ore precedenti il decesso. Questa conclusione colse di sorpresa la polizia, che invece riteneva che Rose Mylett fosse morta per cause naturali, restando incastrata con il collare del proprio vestito in qualche oggetto e finendo per strangolarsi da sola. Del resto, sostenne la polizia, non c'erano sulla scena segni di lotta, il corpo stesso non ne riportava, la donna non aveva la lingua protrusa come nei casi di omicidio per strangolamento, e nessuno nella zona aveva udito urla o rumori.
Anche i medici legali che visitarono il cadavere giunsero a conclusioni contrastanti. Il coroner che condusse l'inchiesta, Wynne Baxter, concordava con il fatto che si trattasse di omicidio, mentre il celebre dottor Bond, che esaminò il corpo su richiesta dell'assistente commissario Robert Anderson, concluse che si era trattato di un incidente. Ciò che creò più problemi alla polizia fu non solo che il caso venisse trattato come un omicidio, ma che la stampa ipotizzasse che Rose Mylett fosse una vittima di Jack lo Squartatore per il solo fatto che l'omicidio era avvenuto quando il terrore del serial killer di Whitechapel era ancora vivo nella memoria delle popolazione e che anche lo Squartatore strangolava le proprie vittime prime di mutilarle. Ovviamente i parallelismi finiscono qua e sono molto deboli.
La giuria diede ragione ai medici legali, emettendo un giudizio di omicidio contro ignoti. Anderson, al contrario, scrisse nelle sue memorie che se non fosse stato per i recenti fatti dell'East End nessuno avrebbe ipotizzato che si trattasse di omicidio.
L'unica cosa ad oggi certa è che la morte di Rose Mylett non ha nulla a che fare con Jack lo Squartatore. Come la donna sia morta resta un mistero dopo oltre centrotrent'anni.
Fonti:
Varie ore dopo, tra l'1:45 e le 2:30 della notte, Alice Graves, una prostituta che conosceva Rose, la vide passare davanti al George pub, su Commercial Street, in compagnia di due uomini, non è noto se siano gli stessi con cui era poco prima delle 20 o altre persone. Alice riportò che Rose sembrava ubriaca e che faceva fatica a camminare, al contrario dei due uomini dei quali non era sicura se fossero in stato di ebbrezza come Rose. Da allora nessuno vide più Rose Mylett viva e alle 4:15 due poliziotti, il sergente Robert Golding e l'agente Barrett, la trovarono stesa a terra a circa trenta centimetri dal muro, appoggiata sul fianco sinistro con la guancia contro il pavimento, morta. Sulla scena intervenne il medico legale George James Harris che dichiarò la donna deceduta e autorizzò la rimozione del cadavere. All'obitorio il corpo venne esaminato dal dottor Curtain T. Chivers che rilevò dei segni sul collo che facevano supporre che Rose fosse morta per strangolamento. I medici legali Brownfield e Harris condussero l'autopsia il giorno seguente e confermarono che la causa della morte era con ogni probabilità lo strangolamento.
I due medici sostennero che Rose Mylett era stata uccisa intenzionalmente con una corda non più di quarantacinque minuti prima di essere rinvenuta cadavere e che, contrariamente alla testimonianza di Alice Graves, non aveva assunto alcol nelle ore precedenti il decesso. Questa conclusione colse di sorpresa la polizia, che invece riteneva che Rose Mylett fosse morta per cause naturali, restando incastrata con il collare del proprio vestito in qualche oggetto e finendo per strangolarsi da sola. Del resto, sostenne la polizia, non c'erano sulla scena segni di lotta, il corpo stesso non ne riportava, la donna non aveva la lingua protrusa come nei casi di omicidio per strangolamento, e nessuno nella zona aveva udito urla o rumori.
Anche i medici legali che visitarono il cadavere giunsero a conclusioni contrastanti. Il coroner che condusse l'inchiesta, Wynne Baxter, concordava con il fatto che si trattasse di omicidio, mentre il celebre dottor Bond, che esaminò il corpo su richiesta dell'assistente commissario Robert Anderson, concluse che si era trattato di un incidente. Ciò che creò più problemi alla polizia fu non solo che il caso venisse trattato come un omicidio, ma che la stampa ipotizzasse che Rose Mylett fosse una vittima di Jack lo Squartatore per il solo fatto che l'omicidio era avvenuto quando il terrore del serial killer di Whitechapel era ancora vivo nella memoria delle popolazione e che anche lo Squartatore strangolava le proprie vittime prime di mutilarle. Ovviamente i parallelismi finiscono qua e sono molto deboli.
La giuria diede ragione ai medici legali, emettendo un giudizio di omicidio contro ignoti. Anderson, al contrario, scrisse nelle sue memorie che se non fosse stato per i recenti fatti dell'East End nessuno avrebbe ipotizzato che si trattasse di omicidio.
L'unica cosa ad oggi certa è che la morte di Rose Mylett non ha nulla a che fare con Jack lo Squartatore. Come la donna sia morta resta un mistero dopo oltre centrotrent'anni.
Fonti:
- "The Ultimate Jack the Ripper Sourcebook" di Evans Skinner e Stewart P. Evans
- "Jack the Ripper - the Facts" di Paul Begg
- "Jack the Ripper - the Forgotten Victims" di Paul Begg e Paul Bennett
- Casebook
mercoledì 5 gennaio 2022
Jack the Ripper and the Case for Scotland Yard's Prime Suspect di Robert House
Nel 2011 l'autore americano Robert House ha pubblicato il volume Jack the Ripper and the Case for Scotland Yard's Prime Suspect in cui esamina la figura di Aaron Kosminski come possibile colpevole degli omicidi attribuiti a Jack lo Squartatore. L'autore per compiere i suoi studi ha viaggiato tra Londra e la Polonia dove si è recato per visitare Kłodawa, la città di origine di Kosminski. Il suo studio parte del contesto sociale da cui è originaria la famiglia di Aaron per poi passare a narrare con rigore e razionalità i fatti di base degli omicidi di Whitechapel; nella seconda parte del libro l'autore spiega l'esito delle sue ricerche e mostra perché Kosminski è un valido candidato ad essere indentificato come colpevole.
House spiega come con ogni probabilità Robert Anderson ritenesse che Kosminski fosse lo Squartatore da quanto si evince dalla sua autobiografia The Lighter Side of My Official Life. Kosminski è anche uno dei tre sospettati menzionati dal memorandum di Melville Macnaghten, testo scritto dal vicecommissario della polizia metropolitana di Londra in risposta a un articolo del Sun, e anche dalle note dell'ispettore capo Donald Swanson scritte sulla propria copia del libro di Anderson e note come Swanson marginalia. L'autore sottolinea anche alcuni dettagli cruciali, come che nel marzo del 1889 la polizia diminuì i propri sforzi nella ricerca dell'assassino e che nello stesso periodo, secondo il testo di Macnaghten, Kosmisnki fu rinchiuso in un ospedale psichiatrico, o che Goulston Street, dove fu rinvenuto il brandello di grembiule di Catherine Eddowes vicino al famigerato graffito, è sul percorso che Kosmisnki avrebbe potuto percorrere per andare a casa, a Greenfield Road, dal luogo dell'ultimo omicidio evitando le zone più affollate e presidiate dalla polizia della zona.
Nell'ultima parte del proprio volume House, che si è avvalso della collaborazione del profiler dell'FBI Roy Hazelwood che ha anche scritto la prefazione, nota come Kosmisnki corrisponda ai profili moderni dello Squartatore, sia quelli comportamentali sia quelli geografici, e che chi lo esclude dai possibili colpevoli lo fa perché il barbiere polacco non corrisponde ai luoghi comuni che vorrebbero Jack lo Squartatore un genio del male, imponente e spaventoso, come appare nei media a lui dedicati.
Robert House conclude il proprio libro specificando che non è possibile asserire con certezza che Aaron Kosminski sia l'assassino di Whitechapel e probabilmente il caso non sarà mai chiuso, tuttavia resta il candidato più probabile. Quello di Robert House risulta quindi uno dei migliori suspect book mai scritti sul caso di Jack lo Squartatore, una ricerca rigorosa che analizza con distacco i motivi per cui il più plausibile colpevole è considerato tale.
House spiega come con ogni probabilità Robert Anderson ritenesse che Kosminski fosse lo Squartatore da quanto si evince dalla sua autobiografia The Lighter Side of My Official Life. Kosminski è anche uno dei tre sospettati menzionati dal memorandum di Melville Macnaghten, testo scritto dal vicecommissario della polizia metropolitana di Londra in risposta a un articolo del Sun, e anche dalle note dell'ispettore capo Donald Swanson scritte sulla propria copia del libro di Anderson e note come Swanson marginalia. L'autore sottolinea anche alcuni dettagli cruciali, come che nel marzo del 1889 la polizia diminuì i propri sforzi nella ricerca dell'assassino e che nello stesso periodo, secondo il testo di Macnaghten, Kosmisnki fu rinchiuso in un ospedale psichiatrico, o che Goulston Street, dove fu rinvenuto il brandello di grembiule di Catherine Eddowes vicino al famigerato graffito, è sul percorso che Kosmisnki avrebbe potuto percorrere per andare a casa, a Greenfield Road, dal luogo dell'ultimo omicidio evitando le zone più affollate e presidiate dalla polizia della zona.
Nell'ultima parte del proprio volume House, che si è avvalso della collaborazione del profiler dell'FBI Roy Hazelwood che ha anche scritto la prefazione, nota come Kosmisnki corrisponda ai profili moderni dello Squartatore, sia quelli comportamentali sia quelli geografici, e che chi lo esclude dai possibili colpevoli lo fa perché il barbiere polacco non corrisponde ai luoghi comuni che vorrebbero Jack lo Squartatore un genio del male, imponente e spaventoso, come appare nei media a lui dedicati.
Robert House conclude il proprio libro specificando che non è possibile asserire con certezza che Aaron Kosminski sia l'assassino di Whitechapel e probabilmente il caso non sarà mai chiuso, tuttavia resta il candidato più probabile. Quello di Robert House risulta quindi uno dei migliori suspect book mai scritti sul caso di Jack lo Squartatore, una ricerca rigorosa che analizza con distacco i motivi per cui il più plausibile colpevole è considerato tale.
sabato 17 luglio 2021
From Hell: just a boring and absurd movie
The original Italian version is available here.
2001's From Hell, directed by Albert and Allen Hughes, is the most famous movie on the murders of the Whitechapel serial killer. The film, based on the graphic novel with the same name by Alan Moore and Eddie Campbell, boasts a high-level cast that includes Johnny Depp and Heather Graham, but despite the presence of prominent actors and the high budget, the movie fails in virtually all respects.
The theory proposed by the film about the identity of the killer is the the royal conspiracy one, which, as explained in the past, just makes no sense and has no realism. But aside from the absurd path the narration takes, the film doesn't work from a cinematic point of view either. If the intent was to make a distressing and claustrophobic film in which a single investigator uncovers a government conspiracy, the goal has been missed and by far. The film is in fact in large parts slow and boring and adds long unnecessary fragments to its plot: for example an unlikely love story between Inspector Abberline and Mary Kelly or a visit of the two to an art gallery.
The film also adds other laughable nonsense such as the fact that Abberline was addicted to opium and had visions of the murders (practically merging Abberline and Robert Lees into one person). On the contrary From Hell overlooks many important details, such as the actual investigations and the real suspects that the police sifted through at the time, and other aspects such as the letters or the kidney received from George Lusk are treated with astonishing superficiality.
From Hell is therefore a wasted opportunity: instead of making a good film about the Ripper's exploits, the Hughes brothers packaged a shoddy and ridiculous product. However, the Italian translators even managed to make an already poor product worse, by translating the title as The True Story of Jack the Ripper - From Hell, when there's obviously nothing real in this film.
If this is the best that the cinema of the new millennium can create about Jack the Ripper, perhaps it is better to abandon the intent and make no more films on the subject. Because we definitely didn't need something so kitsch.
2001's From Hell, directed by Albert and Allen Hughes, is the most famous movie on the murders of the Whitechapel serial killer. The film, based on the graphic novel with the same name by Alan Moore and Eddie Campbell, boasts a high-level cast that includes Johnny Depp and Heather Graham, but despite the presence of prominent actors and the high budget, the movie fails in virtually all respects.
The theory proposed by the film about the identity of the killer is the the royal conspiracy one, which, as explained in the past, just makes no sense and has no realism. But aside from the absurd path the narration takes, the film doesn't work from a cinematic point of view either. If the intent was to make a distressing and claustrophobic film in which a single investigator uncovers a government conspiracy, the goal has been missed and by far. The film is in fact in large parts slow and boring and adds long unnecessary fragments to its plot: for example an unlikely love story between Inspector Abberline and Mary Kelly or a visit of the two to an art gallery.
The film also adds other laughable nonsense such as the fact that Abberline was addicted to opium and had visions of the murders (practically merging Abberline and Robert Lees into one person). On the contrary From Hell overlooks many important details, such as the actual investigations and the real suspects that the police sifted through at the time, and other aspects such as the letters or the kidney received from George Lusk are treated with astonishing superficiality.
From Hell is therefore a wasted opportunity: instead of making a good film about the Ripper's exploits, the Hughes brothers packaged a shoddy and ridiculous product. However, the Italian translators even managed to make an already poor product worse, by translating the title as The True Story of Jack the Ripper - From Hell, when there's obviously nothing real in this film.
If this is the best that the cinema of the new millennium can create about Jack the Ripper, perhaps it is better to abandon the intent and make no more films on the subject. Because we definitely didn't need something so kitsch.
From Hell: noia e assurdità per un film scadente
Una traduzione in inglese è disponibile qui.
From Hell del 2001, diretto dai fratelli Albert e Allen Hughes, è il più celebre lungometraggio sugli omicidi del serial killer di Whitechapel. Il film, basato sulla graphic novel omonima di Alan Moore ed Eddie Campbell, vanta un cast di alto livello tra cui spiccano Johnny Depp e Heather Graham, ma nonostante la presenza di attori di rilievo e l'alto budget, il film fallisce sotto praticamente tutti i punti di vista.
La teoria proposta dal film sull'identità dell'assassino è quella del complotto reale, che, come spiegato in passato, non ha alcun senso né alcun realismo. Ma a parte la strada assurda che prende la narrazione, il film non funziona neanche dal punto di vista cinematografico. Se l'intento era quello di realizzare un film angosciante e claustrofobico in cui un investigatore scopre un complotto governativo agendo da solo, l'obiettivo è mancato e di molto. Il film è in fatti in ampi tratti lento e noioso e aggiunge alla propria trama lunghi frammenti inutili: ad esempio un'improbabile storia d'amore tra l'ispettore Abberline e Mary Kelly o una visita dei due a una galleria d'arte.
Il film inoltre aggiunge altre sciocchezze davvero risibili come il fatto che Abberline dipendesse dall'oppio e avesse delle visioni degli omicidi (praticamente fondendo in un'unica persona Abberline e Robert Lees). Al contrario From Hell trascura molti dettagli importanti, come le vere indagini e i veri sospettati che la polizia vagliò al tempo, e altri aspetti come le lettere o il rene ricevuto da George Lusk sono trattati con una superficialità sbalorditiva.
From Hell è quindi un'occasione completamente sprecata: invece di cogliere l'opportunità per realizzare un buon film sulle gesta dello Squartatore, i fratelli Hughes hanno confezionato un prodotto scadente e ridicolo. I traduttori italiani sono riusciti comunque a peggiorare un lavoro già povero, traducendo il titolo come La vera storia di Jack lo squartatore - From Hell, quando il realtà è ovvio che di vero in questo film non c'è proprio nulla.
Se questo è il meglio che il cinema del nuovo millennio riesce a creare su Jack lo Squartatore, forse è meglio abbandonare l'intento e non realizzare più film sull'argomento. Perché di una baracconata come From Hell proprio non si sentiva il bisogno.
From Hell del 2001, diretto dai fratelli Albert e Allen Hughes, è il più celebre lungometraggio sugli omicidi del serial killer di Whitechapel. Il film, basato sulla graphic novel omonima di Alan Moore ed Eddie Campbell, vanta un cast di alto livello tra cui spiccano Johnny Depp e Heather Graham, ma nonostante la presenza di attori di rilievo e l'alto budget, il film fallisce sotto praticamente tutti i punti di vista.
La teoria proposta dal film sull'identità dell'assassino è quella del complotto reale, che, come spiegato in passato, non ha alcun senso né alcun realismo. Ma a parte la strada assurda che prende la narrazione, il film non funziona neanche dal punto di vista cinematografico. Se l'intento era quello di realizzare un film angosciante e claustrofobico in cui un investigatore scopre un complotto governativo agendo da solo, l'obiettivo è mancato e di molto. Il film è in fatti in ampi tratti lento e noioso e aggiunge alla propria trama lunghi frammenti inutili: ad esempio un'improbabile storia d'amore tra l'ispettore Abberline e Mary Kelly o una visita dei due a una galleria d'arte.
Il film inoltre aggiunge altre sciocchezze davvero risibili come il fatto che Abberline dipendesse dall'oppio e avesse delle visioni degli omicidi (praticamente fondendo in un'unica persona Abberline e Robert Lees). Al contrario From Hell trascura molti dettagli importanti, come le vere indagini e i veri sospettati che la polizia vagliò al tempo, e altri aspetti come le lettere o il rene ricevuto da George Lusk sono trattati con una superficialità sbalorditiva.
From Hell è quindi un'occasione completamente sprecata: invece di cogliere l'opportunità per realizzare un buon film sulle gesta dello Squartatore, i fratelli Hughes hanno confezionato un prodotto scadente e ridicolo. I traduttori italiani sono riusciti comunque a peggiorare un lavoro già povero, traducendo il titolo come La vera storia di Jack lo squartatore - From Hell, quando il realtà è ovvio che di vero in questo film non c'è proprio nulla.
Se questo è il meglio che il cinema del nuovo millennio riesce a creare su Jack lo Squartatore, forse è meglio abbandonare l'intento e non realizzare più film sull'argomento. Perché di una baracconata come From Hell proprio non si sentiva il bisogno.
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